Potevo essere me stessa – ma senza stupore,
e ciò vorrebbe dire
qualcuno totalmente diverso.
“Nella moltitudine” amo Wislawa Szymborska, nonostante io sia laureata in giurisprudenza. Quando avevo quattordici anni finivo presto le versioni e andavo alla GAM a scrutare per ore le opere di Pol Bury. Nessuno mi aveva portata in un museo prima.
dincanTO è questo per me, il racconto dello stupore, della possibilità, che appartiene solo ad un’opera d’arte, di sospendere il giudizio, e il respiro. Scavare il solco di una relazione priva di parole con i meccanismi rotti, con la guerra, con la bellezza.
George Bernard Shaw scrive “si usano gli specchi per guardarsi il viso, e si usa l’arte per guardarsi l’anima”. La mia probabilmente assomiglierebbe ad un’opera contemporanea, potrebbe valere moltissimo col senno di poi, oppure rivelarsi un’abissale sciocchezza.
Il giudizio è sospeso. Il respiro anche.