La gabbia delle belve feroci
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La gabbia delle belve feroci

“Dal momento in cui ho tenuto la scatola di colori nelle mie mani sapevo che questa era la mia vita. Mi sono buttato dentro come una bestia che precipita verso la cosa che ama”

(Henri Matisse)

dincanto_matisse_interno-rosso_dincanto_dincanto_dincanto_dincanTO_blog_arteL’unico movimento cui è possibile ascrivere interamente l’opera di Matisse è il fauvismo, le belve, coloro che realizzano tele come farebbe un bambino che gioca con i colori.

Almeno questo è quanto pensavano i suoi contemporanei all’inizio, quando si vedevano aggrediti da verdi e viola vibranti, da campiture di rosso acceso, blu profondo e verde, poste tutte sullo stesso piano, come un gioco al massacro.

Per Matisse i colori dovevano creare la luce, essere accostati senza alcun preconcetto, ricercando, sopra ogni cosa, l’espressione.

 

L’interiorità armoniosa e il suo religioso senso di rispetto per la vita sprizzano gioia fuori dalle tele, prima grazie alle pennellate coraggiose e non sfumate, e dopo, disegnando con le forbici nel colore puro.

Le carte ritagliate

Dopo il 1948 Henri Matisse non dipinge quasi praticamente più. Ritaglia con grandi forbici da sarto fogli colorati con la tecnica del “guazzo” cioè con colori addizionati di gomma arabica e pigmento di carico per risultare più brillanti.

Li posiziona nella sua composizione, aiutato dai suoi assistenti, e poi li ritocca, e li ritaglia, e li riposiziona, sino a che l’equilibrio non lo soddisfa. Diventa un po’ come scolpire colore puro, potendo accostare cromie pure, senza la mediazione del pennello sulla tela.